Con sentenza n. 17975 dell’1 luglio 2008 la sezione lavoro della Corte di cassazione ha stabilito che l’indennizzo previsto dalla legge 210/92 non spetta all’emodializzato che ha contratto l’epatite C durante la dialisi.
Secondo la Corte trasfusione e dialisi sono due cose diverse.
La trasfusione consiste infatti nel passaggio di sangue da una persona a un’altra, direttamente ovvero previa raccolta e conservazione del sangue, con successiva somministrazione dello stesso o di un suo derivato.
La dialisi consiste invece nell’iniezione di sangue prelevato dallo stesso donatore (l’emodializzato): fatto quindi non regolamentato dalla legge 210/92, che indennizza i contagi provocati da virus trasmessi al danneggiato con il sangue di altre persone.
Può naturalmente accadere che la macchina destinata a “ripulire” il sangue dell’emodializzato sia sporca per sostanze lasciate da altro paziente: in questo caso, secondo la Corte, il dializzato potrà chiedere il risarcimento del danno all’ospedale dove è stata effettuata la dialisi, ma non l’indennizzo.
Sorprendentemente, la Corte nella propria decisione non ha tenuto conto di quanto previsto nelle Linee guida interregionali sulla legge 210/92, approvate dalla conferenza Stato-Regioni l’1 agosto 2002, nelle quali si afferma testualmente che tra i beneficiari dell’indennizzo rientrano “le persone contagiate da virus HIV o da epatiti con danni irreversibili a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati sia periodica (esempio: emofiliaci, talassemici) che occasionale (esempio: interventi chirurgici, emodialisi)”.
Non si può quindi che concordare con la Corte, quando afferma che si tratti di una materia (e quindi di una decisione) opinabile.
Alberto Cappellaro