Come è ormai noto a molti, con sentenza n. 293/2011 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 11, commi 13 e 14, del decreto legge 78/2010: norme con le quali il Governo aveva stabilito che l’indennizzo ex lege 210/92 non deve essere rivalutato per intero.
La decisione se rivalutare o meno l’indennizzo torna pertanto ad essere una questione puramente interpretativa, rimessa alla valutazione di ogni singolo giudice.
A questo proposito va ricordato che a partire da ottobre 2009 la Corte di cassazione ha mutato la propria giurisprudenza, rigettando tutte le richieste di adeguamento giunte al suo esame e si potrebbe quindi temere che anche i giudici di merito si uniformino a questo indirizzo.
A mio giudizio questo rischio è però minimo.
E’ vero che nella pronuncia qui commentata la Corte costituzionale non ha detto esplicitamente che l’unica interpretazione costituzionalmente legittima dell’art. 2 co. 2 della legge 210/92 è quella che prevede la rivalutazione di entrambe le componenti dell’indennizzo: una statuizione che sarebbe stata sicuramente opportuna, considerato che la più recente giurisprudenza della Cassazione era ben nota alla Consulta.
Questo principio si può però tranquillamente desumere in via interpretativa dalla motivazione della sentenza, nella quale tra l’altro la Consulta rileva come l’indennizzo, se non rivalutato, verrebbe progressivamente eroso dall’inflazione, con la conseguente lesione (per usare una terminologia tipica della giurisprudenza costituzionale) del nucleo essenziale della garanzia (ed era questa, a mio giudizio, la ragione principale dell’incostituzionalità dell’art. 11 co. 13).
A questo punto tutti si chiedono che cosa accadrà nel prossimo futuro.
Mi è stato innanzi tutto comunicato da alcuni Colleghi che i funzionari del Ministero dovrebbero riunirsi a breve per decidere come “dare esecuzione” alla sentenza della Corte.
Un primo problema sarà decidere se adeguare spontaneamente le posizioni di coloro che hanno ottenuto il riconoscimento del diritto alla rivalutazione integrale con sentenza passata in giudicato: decisione che il Ministero mi auguro attui al più presto, al fine di evitare inutili contenziosi e conseguenti spese legali.
Consiglierò pertanto ai clienti che si trovano in questa situazione di attendere qualche settimana per capire come il Ministero intenda procedere, intimando nel frattempo al Ministero di provvedere all’adeguamento.
Diversa è la situazione di coloro che hanno una causa in corso.
Naturalmente chi ha una sentenza favorevole, anche se impugnata in appello o cassazione, ha il diritto di farsi pagare; gli altri dovranno invece aspettare la conclusione del giudizio.
Qualora infine qualcuno abbia ottenuto una pronuncia che nega il diritto alla rivalutazione, dovrà impugnarla prima che la stessa passi in giudicato.
Un ultimo gruppo di persone include i danneggiati che non hanno ancora iniziato la causa.
Benché secondo alcune voci il Ministero potrebbe rivalutare il loro indennizzo, almeno per il futuro (ipotesi sulla quale peraltro sono abbastanza scettico), a mio giudizio queste persone dovrebbero iniziare immediatamente la causa, previa diffida al Ministero: ed è questo che mi accingo a fare per alcuni miei clienti oltre che, naturalmente, per coloro che mi conferiranno mandato in tal senso.
Tenuto conto che la situazione è ancora molto confusa, per il momento mi fermo qui con l’analisi.
Mi pare però doveroso concludere con un ringraziamento a tutti i Colleghi che hanno discusso la causa in Corte ed in particolare a Paola Soragni, la Collega di Reggio Emilia che per prima ha ottenuto, in una sua causa, un provvedimento di rimessione alla Consulta da parte di un tribunale: è sicuramente vero che i profili sottoposti alla Corte sono stati il risultato di un lavoro di gruppo cui hanno partecipato molti altri Colleghi, ma è stata Paola, con la sua tipica tenacia e bravura, che ha dato avvio a quel percorso che ha poi portato alla pronuncia della Corte.
E sono particolarmente felice che sia stata lei perché è una persona che esercita la professione avendo di mira l’interesse del cliente prima del proprio.
Alberto Cappellaro