Rivalutazione: un primo commento alla sentenza di Strasburgo


 

Approfitto di un commento postato da Paola Soragni sul proprio sito, concernente la sentenza con la quale la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ordinato all’Italia di adeguare per intero l’indennizzo disciplinato dalla legge 210/92, commento che trascrivo qui di seguito.

 

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 293/2011, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo conferma l’obbligo dello Stato di rivalutare l’intero indennizzo previsto dalla Legge 210/92 a favore di coloro che hanno contratto patologie di carattere irreversibile a seguito di somministrazione di vaccinazioni, prodotti emoderivati o sangue infetti.

L’Italia infatti, afferma la Corte, ha violato la Convenzione Europea emanando il decreto Legge 78/2010 convertito con la Legge 122/2010, laddove, all’art. 11, comma 13 e 14 nega la rivalutazione dell’indennità integrativa speciale, quest’ultima pari a circa il 95% dell’importo dell’indennizzo erogato.

Con la sentenza “pilota” del 3 settembre la Corte di Strasburgo riconosce il diritto alla rivalutazione dell’I.I.S. non solo ai ricorrenti che hanno visto accolta la loro domanda, ma a tutte le persone danneggiate che beneficiano dell’indennizzo ex lege 210/92. Lo Stato italiano avrà sei mesi di tempo, dal momento in cui la sentenza diventerà definitiva, per stabilire una data inderogabile entro cui s’impegna a pagare rapidamente le somme dovute. La sentenza sarà definitiva non prima di tre mesi, tempo a disposizione del governo italiano per chiedere la revisione del caso davanti alla Grande Camera della stessa Corte.

 

Come giustamente osserva Paola, stante il carattere generale della statuizione della Corte, l’Italia dovrà adeguare per intero tutti gli indennizzi attualmente liquidati, nonché, ovviamente, quelli che verranno riconosciuti da oggi in poi.

A tal fine, la Corte ha concesso all’Italia sei mesi di tempo, a decorrere da quando la sentenza diverrà definitiva, per stabilire una data entro la quale provvedere ai pagamenti.

Considerato che la sentenza è stata depositata il 3 settembre 2013, che il Governo ha tre mesi per impugnarla avanti alla Grande Camera, e quindi sino al 3 dicembre 2013, lo Stato italiano avrà tempo, per dare una risposta, quanto meno sino al 3 giugno 2014.

Purtroppo, al momento non pare di scorgere all’orizzonte alcun segnale che faccia sperare in una soluzione rapida della vicenda.

 

Alberto Cappellaro