Risarcimento: scomputo solo se il Ministero prova gli importi percepiti


 

Con sentenza n. 25532 del 13 novembre 2013 la Corte di cassazione è tornata ad occuparsi dell’istituto dello scomputo dell’indennizzo dal risarcimento eventualmente riconosciuto ai contagiati da sangue o emoderivati infetti.

Il Ministero della salute aveva impugnato una pronuncia di appello, chiedendo lo scomputo, dal risarcimento riconosciuto dai giudici di secondo grado, di quanto percepito dal danneggiato ai sensi della legge 210/92.

In particolare il Ministero, premesso che l’avvenuto riconoscimento dell’indennizzo sarebbe stato ammesso dalla controparte, asseriva che non sarebbe stato “suo onere esso articolare prova sulla percezione effettiva dell’indennizzo stesso, in quanto essa era stata ammessa da controparte”.

La Corte ha ritenuto questo motivo di ricorso manifestamente infondato.

Pur ribadendo che quanto percepito dal danneggiato a titolo di indennizzo deve essere scomputato dal risarcimento eventualmente riconosciuto, orientamento tutt’altro che condivisibile, la Cassazione ha comunque ribadito che “l’astratta spettanza di una somma suscettibile … non equivale all’effettiva sua corresponsione e non fornisce elementi per individuare l’esatto ammontare del credito per indennizzo”, prova “di cui è onerato colui che eccepisce il lucrum” e che non può essere assolta dalla mera allegazione della tabella A allegata al d.p.r. 834/81, richiamata dalla legge 210/92 per determinare gli importi dovuti ai danneggiati.

Pertanto, “non risultando rispettato dal ministero, che opponeva la – pure pienamente ammissibile – compensatio, l’onere di fornire prova dell’effettiva corresponsione dell’indennizzo e della sua entità, esso correttamente non è stato preso in considerazione dalla corte territoriale”.

Mi pare anche opportuno evidenziare che la Corte, quando parla di scomputo, fa sempre riferimento all’indennizzo “eventualmente già percepito”, escludendo quindi che possano essere considerati, a tal fine, i ratei maturati successivamente alla data della sentenza che riconosce il risarcimento, contrariamente a quanto abitualmente fanno alcuni giudici di merito.

 

Alberto Cappellaro