Con sentenza n. 130/2015, resa in un procedimento seguito dallo studio, il Tribunale di Venezia ha condannato il Ministero della salute a corrispondere ad una cliente dello studio la somma di 14.913,72 euro, oltre interessi legali, quali arretrati della rivalutazione dell’indennizzo ex lege 210/92.
La sentenza merita di essere segnalata in quanto il giudice ribadisce alcuni principi, ormai consolidati, in materia di cause concernenti l’indennizzo ex lege 210/92.
Innanzi tutto che la legittimazione passiva spetta in via esclusiva al Ministero della salute, “come da orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità“, a partire da Cass. 21073/09, con successiva conferma da parte delle sezioni unite (sentenza n. 12538/11).
Inoltre che al caso di specie si applica la prescrizione decennale, invero “il diritto di credito relativo a qualsiasi somma (ivi compresa quella per rivalutazione e interessi, costituente parte integrante del credito base) che non sia stata posta in riscossione si prescrive nel termine di dieci anni, … a decorrere, per le somme calcolate sul primo rateo, dal centoventunesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa di prestazione e, per le somme calcolate con riferimento ai ratei successivi, dalla scadenza di ciascuno di essi, senza che possa attribuirsi al mero pagamento degli arretrati” alcun effetto interruttivo.
Infine che la sentenza n. 293/11 della Corte costituzionale impone “una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2 L. 210/92“, con la conseguente rivalutazione integrale di entrambe le componenti dell’indennizzo (assegno e indennità integrativa speciale), rivalutazione non “ancorata all’entrata in vigore della legge n. 244 del 2007“, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione in questo e in altri procedimenti, pertanto l’adeguamento deve essere riconosciuto su tutti i ratei, inclusi quelli maturati prima dell’entrata in vigore della legge sopra citata.
Alberto Cappellaro