Con sentenza n. 10530 del 22 maggio 2015 la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha ribadito alcuni principi, ormai consolidati, in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da epatite post-trasfusionale, cogliendo l’occasione per fornire alcuni chiarimenti in merito alle problematiche connesse all’istituto sopra citato.
La Corte ha innanzi tutto confermato che la sentenza n. 581/08 delle Sezioni Unite deve intendersi nel senso che la presentazione della domanda di indennizzo ex lege 210/92 fa presumere la “consapevolezza – da parte del danneggiato – della riferibilità dell’infezione all’utilizzo di sangue infetto”, con la conseguenza che lo stesso è “in grado – da quel momento – di far valere il proprio diritto al risarcimento del danno”, pertanto la prescrizione decorre, al massimo, dalla data sopra indicata.
Nel proprio ricorso il danneggiato aveva eccepito che il Ministero non si sarebbe dovuto limitare, come invece era avvenuto, “ad eccepire la prescrizione, ma ‘avrebbe dovuto indicare non solo la data a partire dalla quale riteneva doversi dare inizio alla prescrizione, ma anche allegare e provare che il danneggiato conosceva (o poteva conoscere utilizzando l’ordinaria diligenza) di essere titolare di un diritto al risarcimento del danno”.
Un rilievo che la Corte ha ritenuto infondato, in quanto “il Ministero non aveva – al riguardo – altro onere che quello di eccepire la prescrizione (essendo ipotizzabile un ulteriore onere di allegazione e dimostrazione soltanto per l’ipotesi in cui avesse voluto far valere una data di decorrenza della prescrizione anteriore alla presentazione della domanda di indennizzo)”.
Il danneggiato aveva altresì sostenuto che “il diritto al risarcimento del danno, derivante dalla lesione di diritti fondamentali della persona, assoluti ed indisponibili, deve ritenersi imprescrittibile a seguito di lettura costituzionalmente orientata dell’istituto della prescrizione”.
Una tesi che la Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata, invero, “premesso che l’esigenza di dare certezza ai rapporti giuridici – sottesa all’istituto della prescrizione – costituisce anch’essa un valore di rilevanza costituzionale, deve considerarsi che – nel caso – la questione del bilanciamento fra interessi di caratura costituzionale non si pone fra il diritto alla salute e la necessità di assicurare certezza ai rapporti giuridici, bensì tra quest’ultima esigenza e la pretesa pecuniaria in cui consiste il risarcimento del danno (pur derivante dalla lesione del diritto alla salute)”.
La Corte ha evidenziato infine che i principi desumibili dalle sentenze delle Sezioni Unite, inclusi quelli relativi alla prescrizione, “concernono ogni ipotesi di utilizzo di sangue infetto, in coerenza con l’evidente omogeneità della problematica dell’impiego del sangue umano per uso terapeutico”, a prescindere quindi dalla circostanza che il contagio sia avvenuto a causa di trasfusione ovvero di somministrazione di emoderivati.
Alberto Cappellaro