Con sentenze n. 10116/16 e 10117/16, entrambe depositate il 18 maggio 2016, la Corte di Cassazione ha chiarito quando possa iniziare a decorrere il termine triennale, entro il quale deve essere tassativamente presentata la domanda di indennizzo ex lege 210/92.
L’art. 3 comma 1 della legge stabilisce che la domanda citata deve essere inoltrata entro tre anni “dal momento in cui … l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno”.
Peraltro, affinché tale conoscenza sussista non è sufficiente che il danneggiato sia consapevole dell’avvenuta “cronicizzazione della epatopatia post-trasfusionale”, tale cronicizzazione, infatti, “non configura e costituisce di per sé il requisito esclusivo per accedere ai benefici” previsti dalla legge 210/92.
L’indennizzo viene riconosciuto solo se sussiste ed è provato innanzi tutto il nesso di causa tra patologia e una delle cause di danno previste dalla legge (contagio da sangue infetto, vaccino, contagio per causa di servizio ecc.), la predetta patologia deve inoltre essere sufficientemente grave da poter essere ascritta ad una delle otto categorie previste dalla tabella B annessa al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981 n. 834.
Pertanto, il termine per la presentazione della domanda può iniziare a decorrere solo se il danneggiato è a conoscenza di tutti e tre i requisiti sopra indicati (danno, nesso causale e ascrivibilità).
Ai fini della decorrenza del termine è quindi “decisiva la conoscenza da parte dell’interessato dell’esistenza di una patologia ascrivibile causalmente ad emotrasfusione dalla quale sia derivato un danno irreversibile che possa essere inquadrato – pur alla stregua di un mero canone di equivalenza e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza tabellare – in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella” sopra citata.
Ne consegue che il giudice di merito può dichiarare la decadenza solo dopo aver svolto adeguate indagini “in relazione alla conoscenza dell’esistenza di un nesso causale con la trasfusione e sulla consapevolezza che il danno irreversibile riportato fosse inquadrabile in una delle otto categorie di cui alla tabella A del D.P.R. n. 834 del 1981, seppure attraverso una valutazione di equivalenza”.
Alberto Cappellaro