Con ordinanza n. 22061/2017 la Corte di Cassazione ha stabilito che il Ministero della salute può essere condannato a risarcimento danni da sangue infetto anche quando il contagio sia successivo all’entrata in vigore della legge n. 107/1990, rubricata “Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati”, normativa oggi sostituita dalla legge n. 219/2005, rubricata “Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati”.
La trasfusione che aveva dato origine al contenzioso era avvenuta il 17 febbraio 1999.
Il Ministero della salute aveva impugnato la pronuncia di appello, che aveva liquidato al danneggiato un risarcimento, avendo l’Amministrazione “già diffuso, a tutte le strutture del servizio sanitario nazionale, all’epoca della terapia trasfusionale praticata sul M., tutte le istruzioni e le indicazioni operative, nonché tutte le direttive necessarie allo scopo di impedire il contagio da trasfusione di sangue, con particolare riferimento alle attività amministrative seguite all’approvazione della L. n. 107 del 1990, con la conseguente inconfigurabilità di una responsabilità del Ministero della salute per danni da contagio epatico verificatisi a seguito di trasfusioni somministrate dopo il 1990”, motivo che la Cassazione ha ritenuto infondato.
Secondo la Cassazione l’emanazione della L. n. 107 del 1990 e della normativa secondaria di attuazione non ha “determinato il venir meno, in capo all’amministrazione statale, del generale compito di controllo, direttiva e vigilanza sull’organizzazione e il funzionamento del sistema”, invero “il complesso delle disposizioni richiamate è tale da restituire il disegno di un articolato sistema organizzativo a livello centrale e locale, rispetto al quale il Ministero della sanità (e le istituzioni amministrative destinate a completarne e a integrarne la struttura sul piano nazionale) risulta chiamato a svolgere penetranti funzioni di programmazione, direttiva, organizzazione, controllo e vigilanza, nel loro insieme idonee a giustificare (in coerenza alle indicazioni e ai principi ricavabili, sul terreno della responsabilità extracontrattuale, dalla giurisprudenza delle Sezioni unite di questa Corte: cfr. Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008, Rv. 600899-01; Sez. U, Sentenza n. 581 del 11/01/2008) la prospettazione di una diretta responsabilità della struttura ministeriale per omessa (o scorretta) vigilanza sulle attività connesse alla trasfusione di sangue a scopo terapeutico”.
In conclusione, la corte di appello aveva correttamente riconosciuto “la sussistenza della legittimazione passiva del Ministero della Salute in relazione alla pretesa risarcitoria avanzata dal M. in relazione ad attività trasfusionali compiute dopo l’approvazione della L. n. 107 del 1990”.
Alberto Cappellaro e Sabrina Cestari