Con ordinanza del 9 dicembre 2016 il Tribunale ordinario di Bergamo, in funzione di giudice del lavoro, aveva sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 21ter, comma 1, del decreto legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2016, n. 160. La censura riguardava la parte della norma che riconosce l’indennizzo di cui all’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229 anche ai nati nel 1958 e nel 1966 affetti da sindrome da talidomide, ma solo dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ovvero dal 21 agosto 2016. Secondo il Tribunale la norma introdurrebbe una ingiustificata ed irragionevole discriminazione tra i soggetti affetti dalla sindrome da talidomide nati negli anni 1958 e 1966 e quelli nati tra il 1959 e 1962, cui il medesimo indennizzo era stato attribuito, per effetto di una serie di successive disposizioni, con decorrenza dall’entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244 ovvero dal primo gennaio 2008.
Nel giudizio era intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione fosse dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.
La questione è stata decisa con la sentenza n. 55/2019.
In primis la Corte delinea e riassume il quadro normativo della materia: l’art. 2, comma 363, della legge n. 244 del 2007 riconosce «ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell’omonimo farmaco», nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della micromelia, l’indennizzo di cui all’art. 1 della legge n. 229 del 2005. Con tale disposizione, il legislatore del 2007 estende ai predetti soggetti l’indennizzo previsto per i danneggiati da vaccinazione. Successivamente, il comma 1-bis dell’art. 31 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2009, n. 14, limita il riconoscimento del beneficio in questione ai soli soggetti, affetti dalle patologie indicate, nati negli anni dal 1959 al 1965. Inoltre, il comma 1ter dello stesso art. 31 del d.l. n. 207 del 2008 rimette a un decreto ministeriale la determinazione delle modalità, anche temporali, di erogazione dell’indennizzo. In attuazione di tale precetto, l’art. 1, comma 3, del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 2 ottobre 2009, n. 163 prevede, infine, la decorrenza dell’indennizzo «dalla data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244» ovvero dal 1° gennaio 2008.
Entrando nel merito la Corte afferma che nel caso di specie non si è in presenza di due distinte provvidenze, ma dello stesso indennizzo, esistono semplicemente due gruppi di destinatari, identificati in diversi atti normativi, pertanto gli stessi devono essere trattati in modo eguale, anche quanto alla decorrenza del beneficio.
Invero, afferma la Corte, i due gruppi di soggetti non si trovano in una condizione diversa al cospetto delle vicende relative alla commercializzazione in Italia del farmaco e del relativo ruolo delle autorità sanitarie, come invece ha sostenuto l’Avvocatura generale dello Stato. In effetti, al pari dei nati dal 1959 al 1965, anche per i nati nel 1966 l’assunzione del farmaco può essere direttamente correlata alla sua commercializzazione, consentita in Italia negli anni immediatamente precedenti, assunzione tale, considerato il periodo di validità del farmaco stesso, da protrarre i suoi effetti fino a quell’anno; mentre, per i nati nell’anno 1958, l’assunzione può dipendere dall’eventuale ingresso del farmaco in territorio italiano dai mercati stranieri, in virtù della sua registrazione operata in data 2 aprile 1958, ai sensi dell’art. 162 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. In ogni caso, secondo la Corte, il riconoscimento dell’indennizzo prescinde da qualsiasi “imputabilità” alle autorità sanitarie della menomazione della salute, infatti, il beneficio è stato originariamente previsto dalla legge n. 244 del 2007 con decorrenza non dal momento dell’evento dannoso, ma da una data ampiamente successiva, discrezionalmente individuata dal legislatore.
Entrambe le misure, sottolinea la Corte, presentano natura assistenziale, basandosi sulla solidarietà collettiva, alla stregua degli artt. 2 e 38 Cost., garantita ai cittadini in una situazione di bisogno che il legislatore, nella sua discrezionalità, ha ritenuto meritevole di particolare tutela.
La ragione della delimitazione temporale della decorrenza del beneficio prevista dalla disposizione censurata, afferma la Corte, è esclusivamente di ordine finanziario. Emerge, infatti, dall’esame dell’iter parlamentare di approvazione del disegno di legge di conversione del d.l. n. 113 del 2016 che le Commissioni preposte hanno espresso parere non ostativo alla estensione dell’indennizzo ai nati negli anni 1958 e 1966, a condizione che la misura non ponesse in capo ai beneficiari il diritto alla corresponsione degli arretrati e dei relativi interessi.
Orbene, secondo la Corte, considerato il necessario bilanciamento tra esigenza di tutela del diritto al sostegno assistenziale, da una parte, e garanzia del mantenimento dell’equilibrio nella gestione delle risorse finanziarie disponibili, dall’altra, è costituzionalmente legittimo il punto di equilibrio individuato dal legislatore con l’art. 2, comma 363, della legge n. 244 del 2007, come attuato dall’art. 1, comma 3, del d.m. 163/2009, che fa decorrere il riconoscimento del beneficio, per i soggetti nati tra il 1959 ed il 1965, dalla data di entrata in vigore della legge n. 244 del 2007.
è invece censurabile la scelta operata dal legislatore del 2016, che estende l’indennizzo ai soggetti nati nel 1958 e nel 1966, riconoscendo ad essi i medesimi presupposti di tutela, ma imponendo loro, al tempo stesso, una decorrenza del beneficio diversa e ben più penalizzante.
Questo determina una differenza di trattamento priva di giustificazione e perciò lesiva dell’art. 3 Cost. La Corte ha pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 21-ter, comma 1, del d.l. n. 113 del 2016, come convertito, nella parte in cui l’indennizzo ivi indicato è riconosciuto ai soggetti nati nell’anno 1958 e nell’anno 1966, dalla “data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, anziché dalla “medesima data prevista per i soggetti nati negli anni dal 1959 al 1965”.
Alberto Cappellaro e Sabrina Cestari