La Corte di Cassazione, sin dalla sentenza n. 4852 del 1999, evidenziò come il danno non patrimoniale, incluso quello da lesione del rapporto parentale (in seguito, danno parentale), possa essere liquidato con il c.d. metodo tabellare, ovvero liquidano il pregiudizio sulla base di un punto di invalidità calcolato tenendo conto della media dei precedenti giudiziari.
Nella pronuncia sopra citata la Suprema Corte precisò che l’adozione del suddetto metodo non implica il riconoscimento di un danno in re ipsa, al contrario il magistrato deve definire “una regola ponderale su misura per il caso specifico … motivando congruamente in ordine all’adeguamento del valore medio del punto alle peculiarità del caso” (Cass. n. 4852/1999 cit.).
Un principio ribadito nelle pronunce successive e ormai consolidato.
Nella sentenza citata la Corte evidenziò altresì che, “poiché l’adozione delle cosiddette “tabelle” costituisce di per sé espressione del potere equitativo del giudice, questi non è vincolato all’adozione della tabella adottata presso il proprio ufficio giudiziario e ben può adottare “tabelle” in uso presso altri uffici; peraltro, poiché il fondamento della “tabella” è la media dei precedenti giudiziari in un dato ambito territoriale e la finalità è quella di uniformare i criteri di liquidazione del danno, il giudice deve congruamente motivare le ragioni della sua scelta”.
Negli anni successivi i giudici di legittimità presero però atto di come l’applicazione del metodo tabellare non avesse garantito l’adozione di parametri uniformi, al contrario si registravano “divergenze assai accentuate, che di fatto danno luogo ad una giurisprudenza per zone, difficilmente compatibile con l’idea stessa dell’equità: accade, ad esempio, che ad un giovane macroleso invalido all’80% si possa riconoscere, in base alle diverse tabelle in uso ed indipendentemente dalla personalizzazione, un risarcimento che oscilla tra i 430.000 ed i 700.000 Euro; che per la morte di un figlio la forbice possa variare da 30.000 a 300.000 Euro; che alcuni tribunali attribuiscano maggior peso alla morte di un figlio rispetto a quella della moglie, che altri facciano il contrario” (così Cass. n. 12408/2011).
Pertanto, preso atto che le tabelle elaborate dall’Osservatorio per la giustizia civile del Tribunale di Milano, le c.d. tabelle milanesi, avevano acquisito una valenza ormai nazionale, venendo applicate dalla maggior parte dei distretti, per evidenti esigenze di omogeneità e chiarezza la Corte, nella pronuncia da ultimo citata stabilì che esse “costituiscono il parametro di riferimento, per il giudice di merito, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale”, enunciando altresì il seguente principio di diritto: “la mancata adozione da parte del giudice di merito delle Tabelle di Milano in favore di altre, ivi ricomprese quelle in precedenza adottate presso la diversa autorità giudiziaria cui appartiene, integra violazione di norma di diritto, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Veniva pertanto esplicitamente qualificata come “incongrua la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, pur avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l’adozione dei parametri esibiti dalle dette Tabelle di Milano avrebbe consentito di pervenire”.
Le tabelle citate divennero il criterio guida anche per il risarcimento del danno parentale, sempre che fosse garantita, a ciascuno dei familiari superstiti, “una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subito, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all’età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio” (Cass. n. 9231/2013).
Le tabelle milanesi avevano sempre determinato il danno parentale all’interno di una cornice caratterizzata da “un importo minimo e … un “tetto” massimo, con un differenza monetaria molto ampia tra l’uno e l’altro”, un criterio censurato nelle recenti pronunce di legittimità n. 10579/2021, n. 26300/2021 e n. 33005/2021, le quali evidenziarono, innanzi tutto, come il criterio risarcitorio dovesse consistere nell’adozione del c.d. criterio a punto, punto a sua volta da determinarsi sulla base dei precedenti dei giudici di merito.
La Suprema Corte rilevò inoltre che le tabelle citate non garantivano, nella liquidazione del danno, una adeguata ponderazione di elementi essenziali quali “l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza” tra familiare e deceduto.
L’Osservatorio per la giustizia civile del Tribunale di Milano ha pertanto elaborato una nuova versione delle tabelle, pubblicata nel mese di giugno 2022.
Con la recente ordinanza n. 37009/2022 la Cassazione ha affermato che questa nuova versione delle tabelle è conforme ai requisiti da essa richiesti.
Invero, nelle nuove tabelle “l’assegnazione dei punti è stata ripartita in funzione dei cinque parametri corrispondenti all’età della vittima primaria e della vittima secondaria, della convivenza tra le due, della sopravvivenza di altri congiunti e della qualità intensità della specifica relazione affettiva perduta. Sulla base di tali indicazioni, partendo dai valori monetari previsti dalla precedente formulazione “a forbice”, è stato ricavato il valore base per la tabella relativa alla perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati, nonché per la quella relativa alla perdita di fratelli/nipoti. Si è così stabilito che i punti astrattamente attribuibili siano pari rispettivamente ad un massimo di 118 (per la tabella relativa alla perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati) e di 116 (per la tabella relativa alla perdita di fratelli/nipoti), con un ‘Cap’ pari al valore monetario massimo della forbice delle precedenti tabelle, al fine di consentire la liquidazione del massimo valore risarcitorio in diverse ipotesi e non in un solo caso, salva sempre la ricorrenza di circostanze eccezionali”.
La Corte ha altresì osservato che le nuove tabelle milanesi consentono “di diversificare i criteri relativi alla perdita del parente di primo grado e coniuge/assimilati e quelli previsti per i parenti di secondo grado. Inoltre, emerge che, dei cinque parametri considerati ai fini della distribuzione a punti, quattro hanno natura oggettiva – e sono quindi dimostrabili – in guisa, va peraltro specificato, di presunzioni semplici, che consentono sempre la prova contraria anche con documenti anagrafici, mentre il quinto ha natura soggettiva e riguarda sia gli aspetti dinamico relazionali (stravolgimento della vita della vittima secondaria in conseguenza della perdita) sia quelli da sofferenza interiore -entrambi, va ancora precisato, da allegare e provare, anche con presunzioni, non essendo predicabile, nel sistema della responsabilità civile, l’esistenza di una fattispecie di danno in re ipsa” (Cass. n. 37009/2022 cit.).
In sintesi, “le nuove tabelle milanesi consentono … una liquidazione rispettosa dei criteri indicati da questa Corte con le citate pronunce 10579 e 26300 del 2021, onde la loro applicazione in sede di giudizio di rinvio, come invocata espressamente da parte dei ricorrenti nel corso del giudizio di merito, dovrà ritenersi del tutto conforme a diritto nel caso di specie, poiché l’individuazione dei criteri poc’anzi ricordati consente l’applicazione della legge, ordinaria e costituzionale (art. 1226 c.c., art. 3 Cost.), in modo sostanzialmente – sia pur se solo tendenzialmente, in assenza di una tabella unica nazionale di matrice legislativa – uniforme sul territorio nazionale”. Resta naturalmente “ferma la possibilità – immanente ad un diritto che resta radicato nella inevitabile approssimazione di tabelle di origine pretoria e non legislativa – di una liquidazione che non si conformi ai parametri tabellari, volta che l’assoluta ed evidente eccezionalità del caso si sottragga ad una meccanica, arida e pur sempre inappagante operazione aritmetica, a condizione che la valutazione equitativa “pura” adottata dal giudice di merito si sostanzi e tragga linfa da un complesso di argomenti, chiaramente enunciati, nella logica della conformazione e del superamento della regola tabellare nel caso specifico” (Cass. n. 37009/2022 cit.).
In conclusione, “le nuove tabelle integrate a punti per il danno parentale come rielaborate dall’Osservatorio di Milano, risultando coerenti con i principi di diritto enunciati nella sentenza di questa Corte n. 10579/2021, potranno essere legittimamente applicate dal giudice” di merito “qualora la parte … ne abbia fatto espressa richiesta”, questo al fine di perseguire “una liquidazione equa, uniforme e prevedibile del danno lamentato”.
Alberto Cappellaro e Sabrina Cestari