Con ordinanza n. 7357/2024, pubblicata il 19 marzo 2024, la Corte di Cassazione ha stabilito che la mera diagnosi di epatite C non determina la decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno spettante alla persona contagiata, né impone a quest’ultima l’onere di assumere informazioni sulla causa della patologia.
La Corte di Appello aveva rigettato l’eccezione di prescrizione sollevata dal Ministero della Salute, facendo decorrere il relativo termine dal giorno in cui il danneggiato aveva domandato l’indennizzo disciplinato dalla legge 210 del 1992.
L’Amministrazione aveva censurato questo capo in cassazione, ritenendo che il termine di prescrizione dovesse decorrere da una data antecedente, ovvero dal giorno nel quale, a seguito di un esame istologico, al paziente era stata diagnosticata una epatite cronica HCV correlata.
Secondo il Ministero della Salute, infatti, a seguito di tale diagnosi l’interessato dovrebbe, anche qualora non comprenda esattamente il significato di quanto gli è stato refertato, attivarsi per comprendere di quale patologia si tratti e, soprattutto, quale ne sia la causa. Conseguentemente, secondo l’Amministrazione con la mera diagnosi della malattia sussisteva già la conoscibilità della riconducibilità del danno alla trasfusione, sulla base dell’ordinaria diligenza esigibile dal danneggiato, che avrebbe quindi dovuto rivolgersi a un medico, al fine di apprendere compiutamente la tipologia della malattia e la sua derivazione causale, tenuto conto anche delle conoscenze scientifiche dell’epoca, nel 2007, anno della refertazione dell’epatite, la possibilità di contrazione della patologia HCV in conseguenza di emotrasfusioni era diventata circostanza notoria.
La Suprema Corte ha rigettato la censura perché del tutto priva di fondamento, invero la sentenza impugnata, pur premettendo che l’exordium praescriptionis ben potrebbe essere individuato in un momento antecedente alla data di presentazione della domanda amministrativa di indennizzo (ove già in tale momento la malattia sia stata – o avrebbe potuto essere, usando l’ordinaria diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche – percepita quale danno ingiusto conseguente all’emotrasfusione), tuttavia ha reputato che, nel caso di specie, la mera informativa della diagnosi di epatite HCV contenuta nel referto del … 2007 non consentiva, in assenza di altri elementi di prova non forniti dall’eccipiente, di ritenere che il danneggiato, nell’occasione, avesse acquisto, oltre alla consapevolezza della patologia, anche quella della sua riconducibilità alla trasfusione …; pertanto, il dies a quo della prescrizione doveva essere individuato in prossimità della data di presentazione della domanda di indennizzo.
La Corte precisa, altresì, che il parametro dell’ordinaria diligenza e della diffusione delle conoscenze scientifiche, … sulla cui base valutare la percepibilità della patologia quale danno ingiusto conseguente alla trasfusione, va calibrato non in relazione alle informazioni acquisibili da parte del paziente (sul quale non grava alcun onere di attivazione), ma in relazione alle informazioni che gli siano state eventualmente date, sicché la mera diagnosi della sussistenza della patologia virale, in assenza di altre informazioni sulla possibile derivazione causale di essa dalla precedente trasfusione, non determina la decorrenza del termine di prescrizione.
La censura dell’Amministrazione è stata pertanto rigettata.
Alberto Cappellaro e Sabrina Cestari